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Tossicia

Tossicia

Tossicia, la nostra Antica Capitale, il centro del Feudo, se dobbiamo attenerci alla toponomastica, forse uno dei centri più antichi della zona. Le origini del suo nome, come per l’intera valle, sono avvolti nel mistero, c’è chi lo vorrebbe legato al latino Toxicum, cioè veleno, ad avallare questa ipotesi lo stemma comunale, con una viverna che, anticamente, sembrava più un serpente ed il soprannome popolare di cui gli abitanti godono in zona, li scerpirə.

 

Qualcuno lo vorrebbe legato a Turris Sicula, dal nome della Valle, che però anch’esso non è certo. Per altri deriverebbe dal greco, luogo della pietra ad arco (tokso silike) o casa degli etruschi (tusk’oikia), ipotesi mai scientificamente avallate.

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Ci sono dei ritrovamenti archeologici che testimoniano che la zona era già abitata in epoca italica ma le prime testimonianze del paese sono, come spesso accade per la nostra zona, riscontabili nel Catalogus Baronum del 1168, nel quale si può leggere che Oderisio di Collepietro – Pagliara detiene Tusciciam. Ovviamente Tossicia, in quanto capitale del feudo, dalla concessione del Marchesato agli Alarçon-Mendoza ha determinato le sorti storiche dell’intera Valle, non foss’altro per il fatto che il legati reali risiedevano qui e ad Isola del Gran Sasso.

 

Durante il periodo del secondo conflitto mondiale, il paese divenne sede di un campo di concentramento locale, uno dei pochi di cui si abbiano notizie certe, attivo dal 21 ottobre 1940 al 26 settembre 1943, dove venivano internate persone di origine cinese o rom. Ancora oggi, su uno dei palazzi che ospitò questa infame struttura, è possibile rinvenire delle immagini di Mussolini dipinte a stencil. Inoltre pochi anni fa l’amministrazione comunale inaugurò un monumento, realizzato a Castelli, per onorare la memoria dei rom perseguitati in quella struttura.

 

La chiesa di Sant’Antonio Abate, nell’omonima piazza, vanta forse il più bel portale in “gotico fiammeggiante” dell’intera provincia, copertina del vecchio elenco telefonico provinciale nel 1996. La chiesa di Santa Maria Assunta ospita una statua della Madonna della provvidenza, in posizione sdraiata, unica in Italia insieme a quelle di Assergi (AQ) e Tolentino (MC). L’immagine mariana, dopo un furto rocambolesco avvenuto negli anni ‘70 ed il successivo ritrovamento in Inghilterra, grazie ad una concittadina che la riconobbe in un servizio televisivo su un collezionista di icone mariane, è attualmente conservata e protetta, a causa dell’inagibilità dell’edificio dopo il sisma del 2009, presso il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata ad Isola del Gran Sasso. 

Colledara

Colledara, il meno esteso dei nostri comuni ed anche il nostro “biglietto d’ingresso”, visto che se arrivate dall’autostrada ne leggete subito il nome al casello omonimo, anticamente era nota con l’altisonante nome di Castiglione della Valle, oggi purtroppo solo una frazione ricca di vestigia del passato, pressoché disabitata.

 

Pare che un antico documento del 959 testimoni l’esistenza di questa baronia, appartenuta nei secoli alla famiglia dei Pagliara (De Palla Aurea) e passata poi, seguendo la storia della vallata tutta, agli Orsini, agli Alarçon-Mendoza e via così.

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Leggenda vuole, ma ci sarebbero conferme storiche al vaglio di alcuni studiosi, che nel borgo si fermò Lucrezia Borgia, in fuga dalle schiere del fratello Cesare, che avrebbe anche combattuto una battaglia nella antistante Chiarino (nel comune di Tossicia) contro gli irrequieti valligiani. 

 

Abbiamo detto che si tratta del comune meno esteso, ma in passato lo era ulteriormente, dato che abbiamo certezza che nel 1742, con la stesura del Catasto Onciario, le frazioni di Case di Baldo (oggi Terramano), Ornano Piccolo, Ornano Grande, Mercato Vecchio, Vico, Cretara e Casa Terza appartenevano a Tossicia, ma nel 1815 dette frazioni furono assegnate, seppur con qualche rimostranza da parte di Tossicia, definitivamente a Castiglione della Valle, che quindi, nelle vesti di Colledara, conserva ancora oggi. Fino ai primi del ‘900 del resto, pur con la traslazione della sede comunale, il nome era restato Castiglione della Valle, ma si optò per Colledara anche per omaggiare la figura di Fedele Romani, illustre figura nata proprio nel paese, ma di questo parleremo in altra sede.

 

Impossibile non citare la tradizione della Porchetta, diffusa maggiormente fra le famiglie della frazione di Collecastino, dove ad agosto, in occasione della festa di San Rocco, si è svolta per diversi anni una favolosa sagra dove degustare l’ottima pietanza, che può tranquillamente rivaleggiare con la vicina Campli in fatto di bontà e genuinità. 

Colledara
Castelli

Castelli

Castelli, il gioiello in ceramica della nostra Valle, sorge a circa 500 metri s.l.m. sotto il Monte Camicia. Notissima per la produzione ed il commercio di manufatti in ceramica, vanta una storia densissima ed una tradizione ancora viva e pulsante. Sede dell’attualmente unica scuola superiore (il Liceo Artistico F.Grue) nell’area pedemontana del Gran Sasso, offre ai visitatori una porta sulle nostre montagne, permettendoci di raggiungere facilmente RigoPiano, Fonte Vetica e Campo Imperatore.

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La zona era probabilmente già abitata in epoca romana, anche se non se ne hanno notizie certe. Dopo la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente è plausibile immaginare che le popolazioni dell’ager atrianus, come questa zona era in parte nota, si fossero ritirate sulle montagne, in accampamenti fortificati (in latino, Castra) che avrebbero quindi, probabilmente, dato origine al toponimo Castelli.

 

Le prime notizie certe sono legate al monastero benedettino di San Salvatore, oggi scomparso, che viene però menzionato in alcuni atti redatti sotto Papa Pasquale II (1099-1118) che ne confermavano i privilegi ed i possedimenti. Dalla cessione del Feudo ai Conti di Pagliara, seguirà le alterne vicende storiche della Valle Siciliana fino all’epoca moderna, ma con in più la propensione all’Arte ed al commercio sviluppatesi per il fiorente mercato delle ceramiche, già dal 1500 note pressoché in tutta Europa.

 

Il borgo ha mantenute intatte le tradizioni legate all’Arte, pur aprendosi alla modernità ed alla contemporaneità, sia grazie al Liceo sia grazie alle numerose recenti manifestazioni legate alla promozione del lavoro degli artigiani e dei numerosi artisti locali. Il borgo vanta inoltre “la Cappella Sistina della maiolica”, ovverosia il preziosissimo soffitto in ceramica della chiesa di San Donato, poco fuori l’abitato principale, che vi consigliamo caldamente di visitare.

Isola del Gran Sasso

Isola del Gran Sasso d’Italia, perla delle nostre montagne, 29 lettere e secondo comune con il nome più lungo in Abruzzo (e sesto in Italia a pari merito con diversi altri) dopo l’imbattibile San Valentino in Abruzzo Citeriore, al primo posto in Italia oltre che in Abruzzo. Una vera Isola, lambita dai fiumi Ruzzo (che ci disseta tutte e tutti) e Mavone, chiusa da tre altere porte che negli anni l’hanno difesa da eserciti e briganti, centro più importante della nostra Valle e luogo di spiritualità e raccoglimento grazie al Santuario di San Gabriele, protettore della gioventù.

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Nei pressi del paese sarebbero state rinvenute tracce di abitazioni risalenti al periodo neolitico, ma le prime notizie certe riguardanti Isola col suo nome proprio si riferiscono al XII secolo, quando il Conte Attone, nel 1115, otteneva dal Vescovo di Teramo il feudo del castello di Isola. Nel 1173 il castello dell’Isola di Penne (nome del paese nei documenti di quel periodo), era ancora tra i possedimenti dei Conti di Pagliara e il paese contava 48 famiglie. 

 

Da lì in poi seguirà storicamente le vicende del resto della Valle Siciliana. Si racconta che, intorno al 1215, San Francesco d’Assisi sia passato per le nostre zone, fondando un monastero ad Isola, oggi probabilmente quello annesso al Santuario di San Gabriele, ed uno a Tossicia, quello della Madonna degli Angeli, le cui rovine impreziosiscono il cimitero comunale. Tradizione popolare mai smentita, ma non certo Storia con la “S” maiuscola, ahinoi.

 

In epoca moderna e dopo l’unità ad Isola furono attive bande di briganti per alcuni anni, ma la città non venne mai colpita direttamente, ben difesa com’era dalle antiche mura e dalle tre porte già citate poc’anzi. Oggi è il più popoloso dei nostri comuni, certamente il più attivo, importante dal punto di vista del turismo religioso e vitale per quel che riguarda le manifestazioni sportive, culturali, tradizionali. Impossibile non menzionare la chiesa di San Giovanni ad Insulam, nell’omonima frazione, vero gioiello del sistema di abbazie che una volta arricchiva la valle del Mavone e gli eremi di San Nicola e Santa Colomba, che offrono un panorama mozzafiato sulle nostre montagne oltre alla favolosa rocca del castello dei Pagliara. Inoltre Isola offre il punto più alto degli appennini continentali, dato che i 2912 metri della vetta del Monte Corno sono in “comproprietà” col comune di L’Aquila.

 

Tra le tante denominazioni con cui nel tempo è stata indicata Isola del Gran Sasso c’è anche il “Paese dei Motti”, perché all’interno del centro storico, sugli architravi in pietra di molte porte e finestre, figurano delle iscrizioni in latino, dal suggestivo sapore al tempo stesso biblico e popolaresco.

Isola del Gran Sasso
Castel Castagna

Castel Castagna

Castel Castagna, il balcone sul Gran sasso, il belvedere della nostra Valle, scrigno di Bellezza e testimone di Storia, sorge a circa 450 metri s.l.m. e, per la sua posizione a cavallo con la valle del Fino, ha avuto forti legami con la vicina Bisenti.

 

Oggi purtroppo il borgo antico si presenta quasi disabitato, complici le difficoltà legate anche alla ricostruzione dopo i recenti eventi sismici; la maggioranza della popolazione del comune vive nella frazione di Santa Maria, vicino la pregevolissima chiesa di Santa Maria di Ronzano, una delle chiese più belle della zona. 

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Compare come piccolo castello con torre nel Catalogus Baronum del 1168, quindi è feudo di Raoul d’Iquelon, poi passa a Berteraymo de Peugecto. Nel 1353 si menziona per la prima volta la Chiesa di San Pietro, che oggi conserva un reliquiario della Vera Croce. In seguito, con il passaggio del castello agli Orsini, seguirà le vicende storiche del resto della Valle fino al 1526 quando entra nel Marchesato insieme agli altri attuali 5 comuni. Nel 1669 però parte del paese viene comprato dai duchi Acquaviva di Atri, in particolare i possedimenti attorno la vallata dell’ Abbazia che era probabilmente connessa all’attuale chiesa di S.M. di Ronzano.

 

Da menzionare, oltre alla formidabile vista sull’intera vallata, è la tradizionale fiera che si svolge a Ferragosto nei pressi della chiesa di S.M. di Ronzano, che è sicuramente retaggio delle antiche fiere medievali che in agosto si svolgevano nei campi prospicienti le abbazie. Il comune è inoltre la “porta” di contatto con la Val Fino, zona anch’essa legata a tradizioni storiche, culturali e rurali assolutamente invidiabili.